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Vuoi lo sconto sulla Tares? Adotta un cane
Sgravi a chi accoglie un cane. Agevolazioni dei Comuni per ridurre i costi dei canili
Pubblicato il 14/01/2014 in Tasse
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Sgravi sulla Tares per chi adotta un cane: è la direzione in cui si stanno muovendo parecchi comuni italiani nell'intento di ridurre i costi dei canili, che incidono sempre più pesantemente sui bilanci degli enti locali. Si parla di sgravi concessi ai singoli cittadini da centinaia di euro, comunque convenienti per i comuni che arrivano a spendere fino a 1.500 euro l'anno per ogni singolo ospite dei canili.

L'IDEA NASCE IN SICILIA - I primi comuni ad adottare questo tipo di politica sono in Sicilia. Pochi giorni fa è stato Francofonte (Siracusa) ad approvare un bonus fino a 450 euro. Nella stessa provincia c'è Solarino, tra i primi a credere nell'idea. "All'inizio ne abbiamo parlato quasi per scherzo – dice il sindaco Sebastiano Scorpo. – Poi la cosa si è concretizzata, e in due settimane la delibera era pronta". La giunta l'ha adottata ad agosto: prevede che il municipio si faccia carico della Tares di chi adotta un cane fino a un massimo di 750 euro annui. Se si accetta di prendersi in casa due animali, lo sgravio vale doppio, e va diviso su due immobili. "Ogni ospite del nostro canile ci costa circa 4 euro al giorno – continua il sindaco. – In un anno diventano quasi 1.500. L'iniziativa fa risparmiare noi e i cittadini, oltre a dare una famiglia a questi cuccioli, che è la cosa più importante". Finora ci sono state otto adozioni, su una trentina di cani presenti nella struttura comunale. E se qualcuno ne accoglie uno solo per avere lo sgravio, e poi lo maltratta o lo abbandona? "Due volte l'anno i vigili vanno a controllare che l'animale sia dove deve essere e che stia bene".

L'ENTE NAZIONALE PROTEZIONE ANIMALI - Soddisfazione è stata espressa dall'Ente Nazionale Protezione Animali, che vede ovviamente di buon'occhio una iniziativa che tende al superamento dei canili: "I Comuni hanno capito che per loro i cani sono un costo, e che se si vuol spingere ad adottarli un incentivo non fa male. Ovviamente servono controlli, per evitare che qualcuno aderisca solo per evadere le tasse".

IL CASO LECCE - Fra i Comuni più grandi ad adottare questo tipo di misura c'è Lecce, dove gli sgravi sono in attesa di approvazione: "Al momento sono congelati, ma la delibera è già stata depositata – dice l'assessore Andrea Guido, che tra le sue deleghe ha anche quella al randagismo. – Il cittadino potrà risparmiare 600 euro in due anni. Ogni cane ci costa almeno mille euro l'anno, e ogni anno ne spendiamo circa 500mila per gestire le strutture che li ospitano".
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La Finanziaria 2008 apre alle associazioni nei canili privati convenzionati

Importanti novità  riguardanti i canili sono contenute nella Legge Finanziaria del 21 dicembre 2007: all’art. 2, comma 371, viene integrata la Legge 281/91 nel modo seguente: “All’articolo 4, comma 1, della legge 14 agosto 1991, n. 281, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «I comuni, singoli o associati, e le comunità  montane provvedono a gestire i canili e gattili sanitari direttamente o tramite convenzioni con le associazioni animaliste e zoofile o con soggetti privati che garantiscano la presenza nella struttura di volontari delle associazioni animaliste e zoofile preposti alla gestione delle adozioni e degli affidamenti dei cani e dei gatti»”.
I canili convenzionati dovranno quindi accogliere le associazioni animaliste, contrariamente a quanto accade normalmente: in molte regioni i volontari non riescono ad accedere ai canili privati convenzionati od operano mantenendo difficili equilibri, nel timore di trovarsi di fronte al divieto del gestore ad entrare nel canile per migliorarvi la qualità  di vita degli animali rinchiusi e per favorire le adozioni.
D’oggi in poi, legge alla mano, il principale ostacolo all’opera dei volontari nei canili privati convenzionati – e quindi sorretti con denaro pubblico - dovrebbe cadere.
La nostra Associazione ha sempre sostenuto la necessità  di una legge che garantisse la presenza dei volontari in questi canili. Il fatto che sia una legge nazionale ad affermarlo è ancora piu' importante.
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Accolte in Finanziaria istanze Lav sui randagi

La Legge Finanziaria 2008 ha accolto alcune importanti istanze in favore dei cani e gatti randagi o ospiti di canili e rifugi: come richiesto dalla LAV in una petizione popolare presentata alla Camera dei Deputati e che ha raccolto 300mila firme, con la quale si chiede una legge d’integrazione della legge quadro 281/91 per la tutela degli animali d’affezione e la prevenzione del randagismo, la Legge Finanziaria 2008 (legge 24 dicembre 2007, n. 244) Art. 2, comma 371, ha finalmente istituito l’obbligo per i Comuni singoli o associati e per le Comunità montane di gestire canili e gattili sanitari direttamente o tramite convenzioni con le associazioni animaliste e zoofile. Tale legge prevede anche la possibilità che la gestione di tali strutture sia affidata a soggetti privati, a condizione però che nel canile o gattile sia garantita la presenza di volontari delle associazioni animaliste e zoofile preposti alla gestione delle adozioni e degli affidamenti di cani e gatti.

“Finalmente anche quei canili, rifugi e ricoveri che per anni sono stati inaccessibili ai volontari dovranno aprire i cancelli e permettere alle associazioni di animaliste e zoofile di partecipare alla vita della struttura, nell’interesse degli animali - dichiara Elisa D’Alessio, responsabile LAV settore Cani e Gatti - Questa decisione determinerà un miglioramento delle condizioni di vita di tantissimi animali ospitati in queste strutture, molte delle quali finora sono state inaccessibili. La presenza delle associazioni è importante per il benessere psicofisico degli animali e permette loro di coltivare o recuperare il rapporto affettivo e relazionale con gli umani rendendo l’animale preparato in modo migliore all’adozione, con conseguente risparmio economico da parte dei Comuni. Inoltre, la presenza dei volontari rappresenta la migliore garanzia di una gestione trasparente degli animali e della struttura, garanzia che ogni Comune deve offrire ai cittadini e alle associazioni che si occupano di tutela degli animali, ai cittadini perché nelle strutture di accoglienza per animali si investono soldi pubblici, alle associazioni perché, quali portatrici di interessi collettivi, non deve mai essere negata loro la possibilità di tutelarli.”

Inoltre, la Legge Finanziaria 2008, Art. 2, comma 370 (Legge 24 dicembre 2007, n.244) - che ha modificato l’articolo 1 comma 829 della precedente Legge Finanziaria - ha così sostituito l'articolo 4 della Legge quadro sulla “protezione degli animali d’affezione e prevenzione del randagismo” (Legge n.281/91):"I comuni, singoli o associati, e le comunità montane provvedono prioritariamente ad attuare piani di controllo delle nascite attraverso la sterilizzazione. A tali piani è destinata una quota non inferiore al 60 per cento delle risorse di cui all'articolo 3, comma 6. I comuni provvedono, altresì, al risanamento dei canili comunali esistenti e costruiscono rifugi per i cani, nel rispetto dei criteri stabiliti con legge regionale e avvalendosi delle risorse di cui all'articolo 3, comma 6". Tali Piani si devono aggiungere a quelli analoghi predisposti da ogni Servizio veterinario Asl di cui all’articolo 2 comma 1 della Legge n.281/91, ciascuno dei quali finanziato con proprie risorse. “Con tale modifica si vuole sollecitare i Comuni a garantire l’afflusso di risorse alla prevenzione del randagismo attraverso piani di controllo delle nascite - precisa Ilaria Innocenti, corresponsabile LAV settore Cani e Gatti - L’auspicio è che Comuni e Comunità montane possano anche occuparsi, con maggiore attenzione, del risanamento dei canili esistenti, troppo spesso fatiscenti e inadeguati ad ospitare centinaia di animali, e della costruzione dei rifugi. Naturalmente anche i singoli cittadini possono fare molto per questi animali, scegliendo di adottarli anziché acquistarli, come troppo spesso si fa favorendo un discutibile commercio di esseri viventi”.

Per favorire la tempestiva applicazione di queste norme, la LAV, attraverso le sue 90 Sedi dislocate su tutta la Penisola, ha scritto una lettera di sollecito a numerosi Comuni chiedendogli di assolvere a tali obblighi, e al Presidente dell’ANCI, Leonardo Domenici, affinché a sua volta possa sollecitare i Comuni su questa materia, dagli importanti risvolti etici ed economici. Secondo stime messe a disposizione dal Ministero della Salute sulla base dei dati forniti dalle Regioni, riferite al 2006 e in alcuni casi al 2005 (le precedenti stime risalivano al 2002), i randagi ospitati nei canili italiani sarebbero complessivamente 229.444, di cui 81.253 nei canili della Campania, 61.671 nei canili della Puglia, 11.263 nei canili del Lazio, 10.377 nei canili calabresi, 9.563 in quelli siciliani. 501 i canili sanitari, 428 i canili rifugio presenti in Italia. Ma secondo la LAV tali dati sottostimano la popolazione e i cani nei canili sarebbero almeno 550 mila

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   Canili lager e traffico di cavie: un business pagato con i soldi pubblici

   Denutriti, maltrattati, lasciati ammalare. Qualche volta finiscono come cavie da laboratorio in un traffico clandestino in direzione Nord Europa. È la radiografia dei canili in Italia, un business che intreccia crudeltà verso gli animali, sprechi di denaro pubblico, malasanità e criminalità organizzata, e che, come rivela un’inchiesta di Repubblica, vede complici a volte inconsapevoli istituzioni cittadine, polizia, giudici, medici della Asl. Uno scandalo che avviene nell’indifferenza generale, in cui a rimetterci sono ancora una volta ‘i migliori amici dell’uomo’.
   L’ultimo rapporto di Zoomafia stima un vorticoso giro d’affari da 500 milioni di euro, con 600 mila cani randagi censiti nel nostro paese, di cui 200 mila ricoverati nei canili. Per ogni animale rinchiuso, il comune di appartenenza spende dai 300 ai 1000 euro l’anno, una cifra non indifferente, che spesso però non mette al riparo i cani dai maltrattamenti, anzi diventano merci di un traffico internazionale in cui ci mette il suo zampino la malavita organizzata. C’è infatti un traffico di finte adozioni che vede cani e gatti diventare cavie nei laboratori della sperimentazione, oppure cibo in scatola, o ancora pelliccia. Stipati in gabbie minuscole all’interno di furgoni o station wagon, gli animali superano i confini facilmente a causa dei controlli superficiali, per un enorme fiume di denaro per chi commercia in questi affari sporchi. Casi del genere sono stati scoperti ad Ischia, Verona, Perugia, con viaggi in direzione Germania e Nord Europa.
   Ma se il traffico all’estero è un caso particolare, la situazione è drammatica anche all’interno dei canili stessi, gestiti senza controlli, con indifferenza, da sindaci, veterinari e forze dell’ordine che dovrebbero vigilare. ‘Feriti, affetti da patologie e infezioni, malnutriti, relegati in spazi angusti e sovraffollati, trascurati e soli: questo lo stato in cui versano i ‘migliori amici dell’uomo’ in molte strutture, pubbliche e private‘: così si legge in un documento del Ministero della Salute. I comuni, invece di costruire canili pubblici, si affidano alle società private, con il risultato che nessuno controlla. Al Sud l’affare è stato fiutato dalla malavita, ma la radiografia impietosa del fenomeno mostra degrado e maltrattamenti in tutta Italia: quando i canili vengono sequestrati la situazione che si presenta è sempre la stessa, ovvero cani malati, ridotti a pelle e ossa, senza sterilizzazione, a volte morti. Tra i reati più frequenti riscontrati, frode, medicinali scaduti, esercizio abusivo della professione medica. Noi aggiungeremmo barbarie e disumanità, ma quelli purtroppo non sono considerati tali.
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ALLEVATE IN GABBIA = Torturate in gabbia (becchi amputati, luce giorno e notte per spingere la produzione, uso di antibiotici, gabbie ridotte a pochi centimetri dove le galline non possono muoversi);

A TERRA = Dentro ai capannoni industriali (sovraffollamento di individui con ridotti spazi per circolare, uso di antibiotici, selezione genetica di specie ad alta produttività);
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Canili lager
I BASTARDI STANNO FUORI - INCHIESTA - Lo scandalo italiano degli animali abbandonati
di Stella Pende da "PANORAMA" di venerdì 24 marzo 2005

Feriti, malati, affamati, soli: così i migliori amici dell'uomo sopravvivono nelle strutture pubbliche e private. Da Nord a Sud, Panorama le ha visitate. Scoprendo come il randagismo abbia fatto crescere un business senza regole. Non sempre perseguito dalla legge.

"Non può più far niente, Lea, per il suo cucciolo. Piccolo straccio di peluche ammazzato dal ghiaccio di questa gabbia maledetta. Ma lei non si arrende: lo spinge col muso, lo lecca. Soprattutto mi guarda. E sono gli occhi di «carcerata» più straziati mai visti. Mai dimenticati. Un altro piccolo le muore vicino dentro sussulti e vomito. Ma non c'è nessuno. Nessuno dei veri bastardi che hanno osato chiamare questo lager Rifugio amici a 4 zampe. “Là sotto!” urla Giuseppe Fanelli, animalista, vero veggente di crimini animali. Sotto una tettoia di lamiera, nei sacchi di plastica, cadaveri di cani. Scarnificati come foche. L'avvocato Alberico Villani, primo cittadino di Altavilla Irpina, Avellino, finanzia il rifugio e pare infiammarsi davanti all'orrore. «Ma come? Gli diamo solo noi 42.756,12 euro all'anno!». Promette con tanto di editto, Villani, che il canile sarà subito chiuso. Gli credo. Ghigna Giuseppe il veggente. «Solita commedia...». Passa un mese, poi l'intervento dei Nas. «Ma il canile è sotto sequestro solo per mancati permessi edilizi» spiega Ernesto Pompa veterinario della asl di Avellino. Scusi e le torture? E i cani morti? Non vi vergognate voi che dovreste vigilare? «È stata un'epidemia di cimurro. E l'addetto al ritiro delle carcasse aveva l'influenza». Il dottor Pompa la vergogna non la trova.
Nella pellicola horror di Altavilla Irpina si trovano invece tutti gli attori che recitano nella storia di certi canili italiani. Le vittime: i cani. I killer: alcuni tenutari di galere canine. I Ponzio Pilato: alcuni sindaci che se ne lavano le mani. E i complici: alcuni veterinari delle Asl che regalano medaglie di «bontà» a lager indegni che nascondono uno dei più moderni e loschi affari del Paese: il business del randagismo.
«È un affare da 7 milioni di euro l'anno»: è nera di capelli e di occhi come un piccolo lupo, Elisa D'Alessio, combattente della Lega antivivisezione, madre del randagismo italiano, guida e compagna in questo lungo e sconvolgente viaggio dentro i canili d'Italia.
Canili, terre di cani dannati. Ma anche rifugi pietosi dove la passione vince la fame di denaro e la ferocia degli uomini. Purtroppo l'affare dei randagi è un'epidemia che contagia molti. Elisa sventola il suo ultimo manifesto con epitaffio: «il tuo padrone ti ha fatto randagio, il tuo carceriere un investimento». Racconta che da quando nel 1991 è stata cancellata la pena di morte per i vagabondi da canile, strani imprenditori si litigano appalti milionari per aprire rifugi che i comuni non possono costruire. «Peccato che gli amministratori regalino concessioni milionarie a privati squali invece che alle associazioni che vigilano su torture e mascalzoni».
Torture? Squali? Elisa giura che un nome vola alto su tutti: Giovanni Di Bella. Vampiro di cani. Ex consigliere comunale a Brindisi, presidente della squadra di basket e infine padrone di un immenso canile, il signor Giovannino è già finito in carcere. Oggi aspetta il giudizio finale: associazione per delinquere, frode aggravata, furto, maltrattamento e torture. Di Bella è amico del sindaco di Brindisi che gli da 476.125 euro solo per la custodia. Istruisce bene i compari e perfino qualche consigliere della giunta che gli segnala cani da accalappiare a 180 mila lire a viaggio. A lui vanno bene anche i cani morti. Per ogni carcassa intasca 120 euro. Ma non è mai sazio Giovannino. Così col suo pulmino ruba anche i cani con padrone. Soffia sotto il naso perfino quello della farmacista Francesca Ponzio. Poi una mattina fa il passo falso: «Mi hanno rubato 600 cani» racconta ai carabinieri, che scopriranno che il Comune paga ancora per cani già morti e seppelliti. Oggi anche lui sa cosa vuoi dire stare in gabbia. Di Bella è solo uno. Troppi vampiri di cani restano liberi. Impuniti. Troppo dolore di animali prigionieri resta sconosciuto. Ma i mostri umani degli sporchi affari hanno grandi nemici. Nessuno può fermare il furore dei protettori degli animali. Strana razza gli animalisti. Uomini e donne stregati da una qualità che solo gli animali conoscono: l'innocenza. Paladini della solitudine delle bestie. Gente che non riesce più a liberarsi da quest'amore-ossessione che gli rapisce la vita.
A forza di urlare per difendere i suoi parenti pelosi Rosalia Boccacini, presidente dell'Adda, Associazione difesa degli animali, ha la voce di un rottweiler e il cuore di un angelo. È lei la vestale dei cani di quartiere di Castellammare di Stabia che dormono in branco sotto la sua finestra di casa. Tutti in un furgoncino Fiat rosso con scritta: «Attenti all'uomo». È un piccolo circo con posti anche in piedi. «La morale di un uomo, dice Milan Kundera, si misura davanti agli esseri alla sua mercé: cioè agli animali» sentenzia Rosaria agitando una testa bionda con treccina che, confessa, è la coda della sua anima canina. Una truppa di vagabondi grassi allevati a wurstel la segue. «Il cane di quartiere è l'alternativa morale al canile. E, fra le adozioni, la più moderna». Rosaria soffre. Qualcuno le ha avvelenato i «suoi» cani del cimitero. «Erano le stelle di quei poveri morti. Cani buoni. So chi è stato. Alla faccia loro ho fatto un funerale in grande stile. Le bare le portavano i bambini delle elementari. Angeli che portavano angeli».
Rosaria sa molto. «Le convenzioni vanno all'asta. Spesso pilotate. I privati si pigliano pure 3 o 4 euro al giorno per cane. Ma strane associazioni, pur di prendersi l'appalto, affamano i cani accontentandosi di 50 centesimi a testa. Così i loro cani diventano ombre di ossa. Ma restano clienti vivi... capisce che mostri?».
Sbraita questa Giovanna d'Arco dei bastardi e detta la sua legge. «Niente cani ai privati che costruiscono canili arrampicati sulle montagne. Così i cani diventano desaparecidos. Perfino io divento inutile contro quei Pinochet dei canili». Vero. I canili dell'Italia stanno sempre all'inferno. Attraversi attonito gironi e gironi, incontri prati e montagne, finché gli ululati dei dannati diventano l'unica guida. Come il Monte dei rottweiler, arrampicato sulla punta di una collina che guarda a picco il mare di Cuma, vicino a Napoli. Chilometri di sassi, melma, fossi. Impossibile arrivare. Ma ci arriviamo. È un carcere di sicurezza per «mostri innocenti». Un mastino, gigante azzurro, sta immobile come una statua pietrificata da un malefizio. L'odore di urina ti infilza il cranio. I cani mangiano le loro stesse feci miste ai croccantini sparsi per terra. E poi i pitbull. Una strage. Ogni canile ne ha minimo dieci, qui non si contano.
Comprati dai mafiosi per combattere, sbranati, abbandonati dopo l'editto di Girolamo Sirchia perché mostri sanguinari, i pitbull sono i negri dei canili. Nessun diritto. Nemmeno una goccia d'aria. Solo impazzire in un metro per due tutta la vita. Se sei pitbull e nero poi, come Nerone, le sbarre non bastano. Stai legato in gabbia a una catena che ti fa schiumare il collo e la bocca. Mai visto un prigioniero cosi. Nemmeno una fiera allo zoo.
Un'altra, bianca e marrone, dondola la testa come una vecchia pazza. Non esce chissà da quando. Era dolcissima, dicono, ma la padrona dopo Sirchia aveva paura. L'accarezzo. Scodinzola subito. Osa, mi prende la mano in bocca per giocare. Sa di avere pochi secondi per far avverare il miracolo di trovare un padrone. Vorrei portarla via subito. Lei e quelle migliaia di cani che ho dovuto lasciare in queste galere schifose. Invece vado via. Anch'io. Allora lei comincia a sbattere il muso contro il muro. Scappo. I suoi urli disperati mi perseguiteranno finché non esco da quel bosco maledetto.
Carlo Marasca, professorone di liceo napoletano e guardia zoofila, mi consola portandomi da Antonio Buonocore. Subito davanti al suo canile ecco Atomica la cagna, come pare, scampata alla bomba nucleare. Piaghe e croste perché cotta nell'acqua bollente. E poi, forse con accetta, le hanno amputato una gamba. Eppure, Atomica scodinzola, «la metto qui davanti al cancello apposta. È lei il biglietto da visita della ferocia degli uomini». Antonio è un gigante buono. Non sa più neppure lui se è uomo o cane. Di certo è come se fosse in gabbia con loro: «Ho circa 300 cani e il comune mi da 2,80 euro per ognuno». Il canile è fatiscente ma non importa. Nella stanza riscaldata
ci sono i vecchi pensionati. Ma nei recinti anche cani bellissimi. Come Bill, un incrocio bianco e grigio tra un alano e Steve McQueen. Un vero fusto. Perché la gente è così fessa da spendere fortune per i soliti cani di sangue blu?
Guidando, Maresca racconta: «L'importante è che i volontari entrino. Senza volontari la mortalità dei randagi sarebbe devastante». Quando blindano il canile, invece, dell'inferno che c'è dentro, non sai più nulla. Bloccano adozioni e sterilizzazioni. Così i cani si accoppiano e le gabbie diventano fabbriche di condannati e di denaro sporco. Carlo parla dell'accalappiamento come una delle ricchezze del business del randagismo. Da 130 a 150 euro per cane. E un canile ha da 2 a 4 entrate al giorno. Fa' un po' il conto...».
Ne arriva uno al Dog Park, canile dignitoso di Boscotrecase in Campania. Nel furgoncino col cappio da boia al collo, un cagnolino color terra. Si divincola. Terrore. Riesce a scappare. Conto gli ultimi attimi della sua libertà. Lo appendono come un trofeo. Era un pacifico cane di quartiere, amico del benzinaio, sfamato dal giornalaio. E, forse, era anche la gioia dei bambini. Perché condannarlo innocente al freddo e alla paura? Passo lungo le gabbie. Furia di nasi, di zampe che frullano tra le sbarre per rubare carezze. Una bolgia di urla, 300 bocche che abbaiano. «Non abbaiano: la chiamano» mi dice sussurrando il custode. E quella frase come un pugno mi spegne il frastuono. Una magia che azzera il dolore.
Cammino lungo i recinti e vedo solo bocche che si aprono e si chiudono mute. La verità è che passando diventi un'illusione feroce e inutile. Via! Al diavolo i canili e i loro aguzzini! Ma ecco arrivare nella galera un lupetto magro. Immobile sul cemento acquoso. Apro la gabbia. Firmo e corro. Si chiamerà Pietro. Resterà il simbolo di questo viaggio e del dolore di quelle migliaia di creature prigioniere a cui è dedicato.
Pietro è ospite automobilistico perfetto. Non abbaia e non piange mai. «Gli avranno raccontato la storia dei cani di Ferramosca» mi dice a Lecce Floriana Catanzaro, avvocato penalista tanto bella quanto dannata nella passione animale. «Da Nhoa, canile di Silvio Giorgio Ferramosca, vicino a Lecce, arrivavano troppi latrati. Rischio di denunce per inquinamento acustico. Ma soprattutto di perdite d'incasso» racconta ancora Floriana. Presto detto, Silvio risolve. E fa segare, cioè folgorare, le corde vocali dei suoi animali. «Li ho visti» dice Floriana «erano scheletri muti che vomitavano sangue e stridori». Poi il folgoratore si scusa: «È stata una pulizia dei denti andata male». Però lo condannano. Peccato che oggi sia proprio lui il presidente di una cooperativa che gestisce un canile. E naturalmente i sindaci della zona continuano a passargli almeno 2 euro a cane.
«Li condannano. Spariscono un po' e poi rischizzano fuori. Sono veri Alien dei canili». A Fabio Meli, mite educatore di cani, nessuno invece da nulla. Anzi. Ha comprato un piccolo terreno recintato per i suoi trovatelli. «Erano brandelli di cane... Oggi sono felici. Ma ci butto la vita, come tutti quelli che aiutano i cani da soli senza mangiarci. La verità è che in Puglia e in Calabria un cane è ancora una cosa senza dolore».
Fabio racconta la storia dell'ammazzatore di cani di Schiafazzi. «Si chiama Giuseppe Buffelli. Molti sanno che impicca, e tortura i cani. Ho fatto le fotografie. Aveva appena sparato al suo pastore tedesco che era in un lago di sangue. La procura di Lecce ha tutti i documenti. Nulla!». Ma non sanno giudici e procure che chi tortura un animale oggi, domani può torturare tuo figlio? L'Italia è ricca di canili tempestati di sequestri. Condanne orrende, atroci. Ma poi tutto torna come prima.
Il canile sanitario di Taranto (nel freezer degli orrori hanno trovato 140 carcasse di cani) è sequestrato dal vigoroso pm Salvatore Cosentino, che mi racconta, nel suo studio, di aver dato la custodia agli animalisti. Bene: la società Tarentum 2000 continua ad avere in mano la regia amministrativa. E cioè 841.900 euro per 5 anni. Lo stesso padrone è amministratore del canile di Sfatte dove cagnetti straziati sono stati trovati nelle fosse comuni. La società prende ancora 424 mila euro l'anno per 600 cani.
Bruttezze e bugie non sono solo dei canili sporchi e cattivi. Al San Raphael, sempre a Taranto, la signora Simona Quaranta, ragazza elegante con Mercedes (la sua azienda Ecolife prende dal comune 515 mila euro all'anno), mi presenta un canile perfetto. Prati vellutati, uffici lucidi e sogni. «Qui verrà la piscina di riabilitazione per cani». Poi davanti alle gabbie sulla collinetta il colpo di scena: lo Spoon River di Fido. Il cimitero canino con lapidi, fiori e dediche strazianti: «Yuri cuore di mamma», «Rambo sei stato il nostro cucciolo adesso sei l'angelo», «Lilly mia vita». Più in là le gabbie sembrano buone. E la mortalità, chiedo? «Il 2 per cento» risponde la signorina. Peccato che mi basta un'ora per scoprire che negli ultimi tre mesi almeno cento cadaveri canini sono arrivati dal San Raphael all'inceneritore del canile sanitario di Taranto. E, si salvi chi può, i signori dell'Ecolife preparano un altro canile modello anche a Pulsano.
Il viaggio dell'orrore pugliese non sembra finire. Non parliamo di Bari. Cioè del canile di Cassano delle Murge, incastrato da un filmato con cani carbonizzati, scheletri e perfino una testa di animale decapitato. Qui non ci lasciano proprio entrare. Dietro i cancelli solo ombre di uomini. I custodi arrivano dall'Est. Come tutti i lavoratori dei canili. Perfino Pietro si nasconde sotto il sedile. Il nostro Virgilio, Elisa D'Alessio, spiega perché ha ragione lui. «Tempo fa siamo arrivati qui per adottare cani di quartiere. Ci bloccano. Poi d'improvviso arriva il padrone Angelo Ceglie, con moglie, figli, extracomunitari e bastoni immensi. Ci picchiano come pazzi. Urliamo. Continuano. Qualcuno chiama il 113. Solo allora ci liberano». Bene! Ceglie è sempre lì: dietro il cancello. Col bastone in mano.
L'amara realtà è che questa razza di «canari», di lusso o meno, è spesso legata agli uomini del potere locale. Almeno sostenuta. Nel canile sanitario di Brindisi, dove sono stati trasferiti gli animali di Di Bella, la nuova direttrice Anna Famulari, dama di ferro, ha certamente fatto del bene a quello che era un terribile rifugio. «Abbiamo avuto in sei mesi 70 adozioni. Purtroppo anche 50 morti. Cerchiamo di migliorare ogni giorno» mi racconta davanti alla gabbia di un maremmano che pare «arrestato» per troppa bontà. Poi improvvisamente nel suo ufficio appare (forse come moderatore dell'intervista?) l'assessore all'Ecologia Antonio D'Autilia. E, perfetto pierre, si getta in lodi e glorie sperticate per la nuova direttrice.
Ancora in macchina. Chilometri e chilometri. L'Italia è diventata un paese di gabbie. Di latrati. Di impotenza. La Calabria è lontana. Durante il viaggio Elisa mi ricorda che non si possono dare colpe solo al profondo Sud. Ha ragione da vendere. Il canile di Molino di Pantigliate, a Milano, e quello di Zelo Buon Persico, a Lodi, sono veri collezionisti di casi giudiziari. Celle piene di carogne, vermi, diarrea. I Nas sono inquilini abituali nei canili del signor Pietro Cirillo che dalle asl e dai comuni intorno raccoglie per i due canili almeno 1,1 milioni di euro. Per telefono cerchiamo il dottor Sartori, responsabile della asl di Milano. È serafico: «Quelle vicende giudiziarie sono invenzioni della malafede degli animalisti. Mi scusi, ma per 700 cani i canili Cirillo sono ok».
Stesso copione a Merate. Sempre la civile Lombardia, dove la scoperta più ignobile è stata la cella frigorifera dove hanno trovato cuccioli morti, zampine rannicchiate per difendersi dal ghiaccio e dalla morte. Le versioni sono due. Sono stati avvelenati e messi nei sacchetti ancora vivi, come risulta da analisi rese note dai Nas milanesi, o «deceduti» per morte naturale come scrive il medico legale? Chi avrà ragione? Elisa, da piccolo lupetto, conosce la risposta. Anche Pietro... Di certo, penso, nessuno può aver ragione nel canile di San Giovanni in Persiceto in provincia di Modena. Dove le ciotole dell'acqua sono coperte di ghiaccio. Dove un povero straccio coperto di peli, che una volta doveva essere un cane, si trascina con una voragine sanguinante aperta sul fianco. Dove si piange di impotenza.
La verità è che gli orchi dei randagi troppo spesso possono fare tutto il male. Certi sindaci e certi veterinari continueranno a rimpinzarli di soldi. Penso alle parole coraggiose di Bruno Mei Tornasi, membro della Commissione nazionale sul randagismo voluta dal ministero della Salute. «Esistono veterinari eroi. Ma troppi di loro sono le autostrade della vergogna per certi avventurieri del randagismo e le loro malefatte».
Finalmente Crotone. Obiettivo il canile Dog house di Torre Melissa (1.200 cani concessi, più di 1.400 reali), dove animalisti, guardie zoofile e tutti raccontano di agghiaccianti numeri sulla mortalità: 80 morti sui 174 nel 2002, 60 su 137 nel 2003, 41 su 97 nel 2004. Ma soprattutto Luigi Bartolo (oggi la società è intestata anche ai suoi soci) è molto ricco. Gode di una convenzione di 2 euro a cane. Dunque, il signore porta a casa 876 mila euro soltanto dai comuni di Crotone. Come al solito il canile è nel posto che non c'è. Una volta scovato però l'entrata è rigorosamente vietata. «Non è giorno di visite» dice una voce femminile al citofono. Vado dai carabinieri. «Guarda che è meglio che li facciate entrare» dice a Bartolo il maresciallo, che a quanto pare ha molta confidenza con lui. Nulla.
Ma la Calabria con i cani è più cattiva della Puglia? Lotta di titani quando scopro cosa hanno fatto nel canile degli orrori in contrada Sughero, Vibo Valentia. Apocalisse dei cuccioli. Li fanno nascere e poi li mettono in sacchi di plastica ad aspettare la morte con l'iniezione di Tanax. «Guaiscono, lottano ore e ore buttati lì come stracci» racconta una volontaria. «Il canile è in condizioni drammatiche, ma perché non sterilizzare? Perché uccidere senza pietà?». Dopo cani piccoli e grandi vengono sepolti nelle fosse intorno ai recinti. Finalmente in pace.
Nevica, la Salerno Reggio Calabria è coperta da un cielo di neve. Arrivati in cima a una collina li vedo: si fermano. Buttano dall'auto un cane bianco. Corre pazzo dietro a quei miserabili. Corre, poi non ce la fa più. Rimane al centro della strada. Il suo manto candido ha lo stesso colore della neve. Un camion arriva. Non lo vede. O forse sì... In quel momento nei suoi occhi illuminati dai fari assassini vedo la rassegnazione delle migliaia di cani che ho incontrato. Che avrebbero dato tutto per non restare da soli in una gabbia. Anche la vita.

Chi si aggiudica il record della morte

Ecco dove sopravvivono in mucchio, senza un tetto per ripararsi dal maltempo o dal sole
Morte, estrema tragedia dell'affare randagismo. Tanti cani, tanti soldi, tanti morti. Il sovraffollamento fa sbranare nelle gabbie cane con cane. E troppi cani non si possono curare, né amare. Il record della morte l'ha sempre avuto la Sicilia.

GIULIANO DI ROMA Ma oggi qualunque primato impallidisce davanti agli animali morti nel canile di Silverio Minotti a Giuliano di Roma. Ospita i cani di 44 comuni intorno, Frosinone compreso. Da una relazione della asl, di cui Panorama è entrato in possesso, si scoprono tassi di mortalità agghiaccianti. Nel 1998 gli animali arrivati al canile erano 513: ne morirono 395. Nel 2001, su 746 cani ne muoiono 597,l'80 per cento. Nel 2002. su 854, 667. Infine 407 su 746 nel 2003. Un lager?
Nelle gabbie i cani stanno uno sopra l'altro come macchine da rottamare. Cuccioli chiusi in conigliere sospese da terra. Zampe ferite che si incastrano nelle griglie. Nei box per gli adulti, 10 o 12 cani insieme mangiano croccantini gettati per terra. Si sbranano. I carabinieri ordinano la riduzione del numero dei cani. Ma non cambia nulla. Il gestore si occupa anche dello smaltimento delle carcasse e percepisce un compenso per la cattura. Risultato: Silverio ha avuto dalla asl 96.991.94 euro nel 2002 e 92.2990.84 euro nel 2003. Altri 116.797,27 euro gli arrivavano dal Comune di Frosinone, 48.500 da quello di Alatri e 25 mila da Veroli.
Come giustificano questo massacro medici e controllori? Antonio Messore, direttore sanità animale della asl di Frosinone, che firma il rapporto, ha un'influenza lunga tre settimane. Alla quarta fa sapere che l'affidamento triennale del servizio di accalappiamento è stato trasferito dal primo marzo 2005 a una nuova ditta, la Hotel dog di Ceccano. Ma chi accalappia oggi i cani del canile di Giuliano di Roma?

CALTANISSETTA Nella Sicilia che ha sempre avuto il record di morti, nei canili privati come il Rìcara, finanziato dal Comune di Caltanissetta e da molti altri, muore il 59 per cento degli animali. A non resistere alle crudeltà, allo strazio, alle sevizie (reati per i quali è stato indagato il padrone del lager Ennio Lo Piano) sono soprattutto i cuccioli di due o tre mesi che, forse, preferiscono morire, piuttosto che restare nel canile a vita. In base ai numeri, gran parte dei cani non ce la fa a superare i 100 giorni dopo l'arrivo. Non succedeva così anche ai bambini ebrei nei lager nazisti? Il sindaco di Caltanissetta, che non permetterà paragoni tanto avventati, emette invece settimanalmente «ordinanze contingibili e urgenti» per seppellire i cani nelle fosse comuni che circondano il canile. In quattro anni sono stati sotterrati 2 mila cani.
Il canile municipale di PALERMO seguiva il record a ruota. Oggi pare che la mortalità sia un po' calata. Ma chi sa è scettico. Immaginate la vita in un loculo di cemento di un 1 e 50 per 2 e mezzo senza avere un soffio d'aria. Impossibile per un uomo, figurarsi per i 60 pitbull e i 20 rottweiler sequestrati o abbandonati da padroni disgraziati.
Immaginate una vita sempre sotto il cielo, senza ripari per canicola o ghiaccio: questo è il destino di dieci cani ammalati e condannati. Altri 50 stanno nell'area dell'ex macello. Una volta ci amazzavano mucche e maiali, oggi ci stanno i cani «muzzicaturi».
Si dice che il 38 per cento delle morti (il 58. per cento) sia dovuto a cause naturali. Ma la fame, il freddo, gli stenti, la disperazione sono «morti naturali»? 0 forse l'eutanasia più naturale è lo sbranamento? Come racconta un video delle lene dove un branco di cani all'area aperta assale e divora il più debole, l'ultimo arrivato. Per questo video il veterinario Angelo Todaro perse il posto, oggi, naturalmente, riconquistato. La conseguenza di quella indagine? L'eliminazione dell'area dove i cani camminavano liberi.
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Nei canili a 5 stelle in attesa del nuovo padrone
Alla Muratella, nella capitale, e nel capoluogo piemontese due strutture esemplari
ROMA II Maracanà, lo stadio leggendario di Rio de Janeiro: così sembra il nuovo canile comunale della Muratella, a Roma. Trentamila metri quadrati e tre livelli. Un'astronave canina dove i servizi sono tutti al centro «perché nessun animale sia allontanato dal cuore del canile».
Cristina Bedini, anima e motore del rifugio, guida Panorama tra le gabbie. I cani sono in coppia: Pecorella e Scott appena fidanzati, Martina e Dindi vecchi coniugi. Informazioni su ogni gabbia: «Nerone mangia lento»; «Non lasciate i giochi nella gabbie»; «Smith è arrivato ieri: coccole». Finalmente cani che hanno diritto alla vita. Perfino i pitbull Pablo. Diabolik e Tigro hanno un nome e una speranza.
All'entrata, il banco accettazione e la cassa: «Non abbiamo bisogno di soldi» dice Bedini «quello che ci arriva dai volontari va ai canili più sfortunati». Due ali con le sale chirurgiche e 106 dipendenti. Una sala conferenze di 160 mq. Da un ufficio uno strano uggiolare. È Billy. un cagnone che va in adozione. Deve abituarsi a tavoli e poltrone. Fuori, prati per correre e sognare.
«I canili devono essere luoghi di passaggio per cani smarriti, malati, traditi. Mai carceri a vita. Spendiamo di più per la prevenzione. E diciamolo: la sterilizzazione è un obbligo, una manna per i cani. Troviamo padroni. Infine è ora che tutti, servizi veterinari e polizia, vigili urbani e sindaci, affrontino con responsabilità il problema del randagismo». Cristina è forte, aggiunge: «Basta con gli allevamenti, i negozi e con tutti quelli che sul dolore dei cani mangiano». Guarda la collina: «Si chiamava Baffetto e ci guardava da lassù mentre facevamo i lavori del canile. I cani dei nomadi lo attaccavano. Lui resisteva. E tornava e aspettava... Solo quando abbiamo aperto il primo giorno è sceso. Era a brandelli. Ma ce l'ha fatta. I randagi sono tutti come Baffetto. Possono aspettarti in gabbia per una vita. Non dimentichiamolo».

TORINO Costruito un anno fa, 2 milioni di euro, 50 dipendenti a rotazione. Vialetti, alberi e lampioni come in una favola. Quello comunale di Torino è il canile perfetto. Ma la sorpresa sono le gabbie: 8 metri quadrati con la metà al coperto. E dentro il riscaldamento. Gli ospiti sono 200, uno per gabbia. Tutti vaccinati e sterilizzati. Chi li adotta è interrogato come se adottasse un bimbo dopo avrà controlli come se avesse adottato un figlio. Ah, ci sono sempre due gabbie vuote per gli arrivi inaspettati. Come nei grandi hotel.
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Vagabondi di razza soli e senza amore
Alla Muratella, nella capitale, e nel capoluogo piemontese due strutture esemplari
ABRUZZO Bastardi di razza: il cane di sangue blu è perfetto nel corredo degli status symbol in Abruzzo. Costa poco ormai, i cuccioli col pedigree sono inflazionati. Allevatori, ambulanti e negozi li vendono come panini. Fanno contenti tutti. Per poco. Solo nell'ultimo mese l'Enpa ne ha trovati per strada oltre 30: pinscher sulle provinciali, rottweiler nei giardini pubblici, husky, pastori tedeschi e dobermann abbandonati tra i negozi.
In Abruzzo il randagio di razza è un attore protagonista. Ma mentre per i cani abbandonati e soli di Pescara Carmelita del Dog village raccoglie.
cura e programma adozioni, ai cani con pedigree l'infedeltà dei padroni costa molto più cara. Il vagabondo può sterilizzato e curato, diventare un amato cane di quartiere. Ma chi può tollerare un rottweiler o un pastore tedesco libero in città? Così bellezza e razza, una volta qualità ricercate e pagate, diventano oggi un peccato canino che costa caro.
E può anche accadere, come è avvenuto a Penne (vicino a Pescara) che un sindaco applichi l'articolo 130 del regolamento adottato nel 2003: vietato possedere più di tre cani per famiglia. A colpi di ordinanze spuntano le vittime: Katia Romagnoli dovrà lasciare due dei quattro bastardini che sono la sua vita. C'è chi salva i cani dalla strada e chi punisce quelli che li accoglie.
I randagi della regione sono 42.710, i canili 18, i comuni spendono 2 euro al giorno per mantenere i cani. Un cane costa alla regione 1.080 euro all'anno.
II canile privato di Fallo costa al Comune di Vasto 8 mila euro al mese. Peccato che gli animali vivano in condizioni scandalose. Sei cani per box, pavimento di cemento, cibo scarso. Anni fa il Comune di Pescara affidò al canile 88 animali. Nel 2000, a convenzione caduta, ne tornarono 41. Gli altri erano morti.
MARCHE Pare che gli avventurieri dei canili siano nelle Marche premiati dalla legge: per una struttura privata con meno di 100 cani i comuni pagano da 1,29 a 1,50 euro. Se superano i 100, la cifra sale fino a 2,50 euro. Un canile comunale gestito dai privati vede subito abbassati i suoi incassi: tra 1,55 e 1,88 euro. Va malissimo per le associazioni, che ricevono (sotto i 100 cani) da 0,66 a 0,75 euro. Sopra i 100, da 1,04 a 1,25.
Nel 2004, la Regione Marche ha erogato ai comuni 230 mila euro per mantenere 5.773 cani randagi sistemati in 52 canili. Alle associazioni sono stati destinati 34.372 euro.
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Lazzaretti di Sardegna e viaggi sospetti
Giallo in un canile di Olbia: troppi voli di randagi verso la Germania
Come stanno i canili in Sardegna? «Come chiedere a Manzoni com'erano le case lombarde durante la peste. Dei lazzaretti». Alberto Russo, veterinario eroe tra Cagliari e Pula, ambulatorio sempre aperto insieme al cuore, sa che la maledizione dei randagi sardi sta nei cancelli. «Nelle case sarde sono sempre aperti. I cani girano, si accoppiano. Qui la sterilizzazione è fantascienza».
Fra tutti i canili, quello che ha guadagnato più punti in negativo è il canile Europa, a Olbia. Sequestrato più volte al padrone veterinario Quinto Puddu, oggi ospita ancora gli sfortunati cani di 24 comuni. «All'epoca ci abbiamo trascinato il nostro
sindaco, che era convenzionato» racconta Marcella Ortu di Serramanna, Cagliari. «Abbiamo visto cani morti sbranati, erano gonfi, putrefatti da giorni, e poi povere bestie affamate che leccavano il fango per terra. Nella cucina brodaglie ignobili. E un strano utensile, una motosega. Il sindaco ha ritirato la convenzione».
Puddu ha impedito a Panorama di entrare: «La stampa, vade retro». Belli o brutti, i canili in Sardegna hanno un solo problema: in pochi, tra comuni e privati, li aiutano a mantenere civilmente gli animali. Così per il canile di Narbolia e per il rifugio Amico del cane di Sassari. A parte il Dog hotel Chinarello di cui vale la pena ricordare l'impegno per gli animali. Ma in un canile sempre di Olbia, il Rifugio dei fratelli minori, accade qualcosa di molto originale. «Un'associazione tedesca si occupa di piazzare in Germania i nostri cani. Naturalmente conosciamo indirizzi e nomi di chi li adotta in Germania» racconta Serena Cosetta Prontu. Tanta serenità non è condivisa da animalisti, veterinari e forze dell'ordine. Perché tedeschi generosi dovrebbero pagare voli aerei per cani sardi e malridotti quando i loro rifugi sono pieni di randagi?
Stesse quiete risposte arrivano da Alessandro Impagliazzo, direttore del canile di Ischia intestato alla fondazione tedesca Anna Maria Ernst. Il direttore fornisce naturalmente i documenti che spiegano i viaggi mensili di cinque o sei cani sempre in terre tedesche. La asl autorizza viaggi per sei al massimo sette animali, e di quelli tutto si sa. Ma sono solo quelli i cani che partono?
Nas e carabinieri indagano certamente sulla questione Germania. Ma un grillo parlante, Elisa D'Alessio, ne sa di più: «La Germania? È ormai una leggenda, ma nessuno può dimostrare nulla. Partono cani dalla Puglia e da Assisi, dalla Toscana e dalla Sardegna». Perché? «Beh, una notizia utile potrebbe essere quella che vieta in Germania la sperimentazione scientifica sui cani tedeschi».

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Vivere nelle roulotte con qualche pezzo di pane
Non è una regione di buoni canili. Come dimostrano alcuni casi di sequestro
VENETO Bastano dieci passi, oltre un cancello arrugginito, per vedere animali piangere. Accade a Pocenia. tra Udine e Pordenone, in un canile che tale non è. Dove l'acqua diventa ghiaccio prima della sera. Dove gli ululati sono singhiozzi rochi. Dieci anni di lotta tra comune e i custodi Gina Tibad e Vittorio Bernardo che finiscono in favore della coppia. Prima gli sequestrano la struttura e poi gliela restituiscono.
Oggi al canile di Pocenia decine di cani randagi si azzuffano per prendersi un angolo in quattro roulotte. Saltano da un finestrino all'altro, da una poltroncina sbrindellata all'altra. Pare una piccola arca di Noè. Gli altri sopravvivono in gabbie fatiscenti dove vince la legge del più forte. Ceppi di legna ardono. Cuccioli che ti supplicano. Vecchi cani che tremano.
Il Veneto non è una regione di buoni canili. Lager è il nome dato al canile di Musile del Piave. Località: Lazzaretto. Venti comuni del Veneto e parte del Friuli danno 1,5 euro al giorno per 350 cani raccolti in uno dei rifugi più discussi d'Italia. Dove sono stati trovati randagi morti e barattoli di Tanax, veleno mortale. Ma non basta. Mirella Padovani, 80 anni, è ancora lì, non smette di dire che quel lavoro lo fa per amore. Forse è anche vero, ma i suoi cani non lo sanno.
A San Giuliano, a pochi chilometri da Venezia, il canile scoppia con i suoi 851 cani costretti a vivere in loculi. Eppure, i comuni pagano all'associazione veneta zoofila 1.5 euro per ogni cane.C'è l'odore dell'inferno tra quei cuccioli che ti assalgono per un boccone di pane. Anche lì. di sera, arriva la passione dei volontari che portano gli avanzi della mensa di cinque scuole elementari. Cuccioli che aiutano cuccioli. Per quanto?

NUMERI CANILI NORD-OVEST
7 mila i cani che vivono nei 30 canili censiti in Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige
5 milioni di euro all'anno il volume di affari dei gestori di canili escludendo quelli sani-tari.
130 euro la cifra media che l'asl offre a chi cattura un cane.
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La battaglia dei volontari per salvare 340 cani
Casa Luca, sequestrata e dissequestrata. Ora gli ospiti dove andranno?
La storia che urla vendetta tocca il canile romano di Casa Luca. Sequestrato nel 2001 a Silvio Ma-strantoni, padrone di 1.080 cani straziati, malati, sbranati. Poi l'associazione dei volontari di Porta Portese fa il miracolo: 740 adozioni in tre anni.
Oggi, per i 340 rimasti, c'è di nuovo il rischio dell'abisso: tornare nelle mani della vecchia gestione. Il canile infatti è stato dissequestrato, Mastrantoni rifiuta l'offerta del comune di Roma perché vuole cacciare i volontari.
La battaglia è dura. Veramente Monica Cirinnà, consigliere delle Politiche animali del comune di Roma, parla di guerra. Ma nel bel mezzo della tenzone ecco arrivare puntuali alcuni sponsor: i comuni di Ariccia, Guidonia e Marino pronti a firmare nuove convenzioni con il vecchio padrone. Come vuole il solito copione all'italiana.
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Qui Fido è in agriturismo
In Toscana situazione positiva. Con un solo neo
L'amore e la dedizione. Soprattutto la fatica per tenere un animale pulito e felice. In Toscana tutto questo si sente. Toscana terra di volontari, di quella gente che improvvisamente decide di aiutare quei tanti nasi umidi e quegli occhi che passano i giorni guardando il mondo tra le sbarre.
Nel canile di Lucca, casa colonica costruita in pietra, aprono le gabbie e spostano i cani che scodinzolano. Pare di stare in un agriturismo: siepi curate, prati come velluti per far correre liberi i vagabondi. Al Rifugio del cane di Pistola i volontari portano a passeggio gli animali tutti i giorni. Il canile è come una seconda casa. Una signora piange: «Siamo nelle sue mani. Per noi questi animali sono come figli». È vero. Persino il veterinario c'è sempre senza chiede-
re niente. A Prato ancora lo stesso film. E anche a Sesto Fiorentino (FI), autofinanziato da un'associazione. Qui le strutture sono vecchie e brutte, ma i cani non se ne accorgono. Ci sono le carezze dei ragazzi che stanno con loro . Peccato per Aulla. È una macchia per la regione. Un canile privato, arrampicato in montagna, dove i pavimenti dei box sono in pendenza, rotti da buche e rocce. I cani si leccano le ferite sotto le zampe. Il proprietario si chiama Carlo Belloni Pasquinelli.
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Il paradiso dei cani esiste: è a Perugia
Ogni animale viene chiamato per nome e corre felice In recinti di 50 metri quadrati
Non deve venire il paradiso dei randagi. C'è già, però si chiama rifugio F. Susa ed è gestito dall'Enpa in via della Valtiera Collestrada, a Perugia. Qui i cani corrono felici in recinti di almeno 50 metri quadrati. Per terra prato e ghiaia perché si divertano a rotolarsi. «Tanto li puliamo noi». Il presidente Paola Tintori chiama per nome i suoi amici che ricevono la ciotola sempre dalla stessa persona. «Quello è il loro padrone, finché non ce ne sarà un altro». Intorno, alberi fioriti. Forse è un omaggio alla felicità dei cani. E prati verdi dove gli amici di Collestrada corrono liberi almeno due ore al giorno.
Il rifugio convenzionato con il comune di Perugia e altri quattro comuni vicini ospita 368 cani. Nel 2004 ha fatto il miracolo di 154 adozioni. E il comune di Perugia paga soltanto 140 mila euro all'anno per pappe, spese veterinarie, breccino e molto altro. Ad aiutare Paola sei persone fisse e quattro volontari rimborsati di benzina. A fine anno non dimentichiamo altri 25 mila euro che arrivano dalla regione. Arrivano anche i bambini al paradiso dei cani. E i boy-scout con i liceali di Perugia.
Paola dice che il suo rifugio deve servire agli animali umani a capire l'amore per gli animali non umani. Questa terra di Eden canina consola. Fa sperare che l'inchiesta di Panorama non è stata vana. Che c'è una luce dopo tante gabbie maledette. Ma soprattutto un esempio. Da vedere e da imitare. A cui sindaci e veterinari potrebbero guardare. I lager devono sparire. I canili esistere per un mese di cure. I nostri cani aspettano il paradiso. Dopo l'inferno"
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DA SAPERE L'inchiesta di Panorama ha messo a nudo lo sporco business del randagismo. Ma in Italia ci sono molte strutture, piccole e grandi, dove volontari meravigliosi e meravigliosi «padri» di canili danno agli animali l'amore e le cure che meritano. Canili e rifugi che vanno aiutati, frequentati.
Hanno partecipato a questa inchiesta Riccardo Arena, Rossana Campisi, Fabio Fogu, Eugenio Marzotto, Angelo Sica, Giorgio Sturlese Tosi (gli ultimi due hanno collaborato anche al servizio fotografico)

STELLA PENDE
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Senza un cane non c'è famiglia

  
La ricerca rivoluziona molte abitudini e rende più stretti i rapporti tra genitori e figli.
Il cane come un figlio, meglio di un fratello, ottimo compagno contro la solitudine, surrogato di amici che non ci sono. Collante domestico, strumento educativo, mitigatore di tensioni e stress. Insomma, presenza ineliminabile nelle dinamiche di ogni famiglia che abbia deciso di averne uno, più simpatico di uno psicoterapeuta (forse anche più efficace).

Scodinzolante perno del benessere domestico, prendere in casa un cane significa dare una sterzata importante ai rapporti che legano tra loro genitori e figli: per gli uni è un impegno ma anche un «sussidio didattico», per i bambini un amico sicuro che allevia paure e piccole tristezze. In case dove sempre

più spesso genitori e figli si vedono poco e parlano meno, e non hanno granché da condividere, tutti presi da mille impegni o distratti da lavoro, studio, tv e Internet, con i bambini abbandonati per ore davanti a un qualche genere di piccolo schermo a fare da surrogato di compagno di giochi e affetti, l’arrivo di un cane corrisponde a una piccola grande benefica rivoluzione. Lo dice la ricerca fatta dalla società italiana Tips per il canale televisivo DeaKids, presentata oggi al festival Cartoons on the Bay.

Amico a quattro zampe Da due anni ormai Missione Cuccioli, in onda su DeaKids e condotto da Simone Della Valle, dog trainer e filosofo, è programma di successo in cui si spiega come scegliere e poi introdurre un cane tra le mura domestiche. Alla vigilia del lancio della terza stagione (in onda dal 23 maggio) il canale ha voluto approfondire cosa significa e cosa cambia davvero se hai un cane come amico. Campione analizzato quello di 150 famiglie di varia provenienza sociale e regionale, con figli tra gli 8 e i 14 anni, proprietari di cani da almeno 4 anni. Per una volta ne esce davvero un coro unitario, dal nord al sud, campagna, città e isole comprese. In primis sul fatto che il cane, quando entra in famiglia, diventa a tutti gli affetti un nuovo membro, baricentro affettivo tra adulti e bambini che hanno un argomento di cui parlare, più cose da fare insieme, un catalizzatore di affetti che stempera le tensioni domestiche («Faccio più cose con la mamma», dice una bambina che con la genitrice non andava sempre d’accordo, e che ora si trova a postare su Facebook le foto del cucciolone).

Il cane è fedele, dà un affetto incondizionato e silenzioso: i bambini si fidano quasi più di lui che dei genitori («Non litiga con me») e sicuramente dei fratelli («Non tradisce mai»). Soprattutto i più piccoli - si scopre - sentono la mancanza di gesti d’affetto anche minimi: un bau e una carezza sono sufficienti per farli sentire amati. Un bambino intervistato racconta del senso di abbandono provato quando gli è nato il fratellino minore: mitigato solo dall’affetto del cane. Un altro parla del vecchio cane cieco, che ormai si muove poco dalla sua cuccia, ma la cui sola presenza rende meno vuota la casa. Batte persino i videogiochi: che divertono ma «non mi vogliono mica bene».

Il bambino si fa poi evidentemente meno passivo e sedentario: correre con il cane per portarlo a fare la passeggiata, rotolarsi con lui su tappeto e divano è meglio che stare inchiodati su quel divano, gli occhi persi nella tv. Di più: possedere un cane è elemento di rilevanza tra i pari, facilita le amicizie: di razza o meticcio, i bambini ne sono orgogliosi e si sentonoguardati e trattati in modo diverso quando c’è «lui», e ne acquistano in sicurezza.

Anche per gli adulti comunque il cane è convogliatore d’affetti: quasi sempre vissuto come un nuovo figlio, cui non solo voler bene ma da usare come esempio («Lui sì che ubbidisce») e di cui far sentire responsabile l’erede a due gambe («Prenditi cura del tuo cane»). L’88 per cento dice con soddisfazione che i bambini grazie al cane rispettano maggiormente le regole e hanno un comportamento responsabile in termini di accudimento del congiunto peloso. Genitori felici, quindi, ma forse solo di una sensazione, se è vero che alla domanda similare rivolta loro, solo l’8% dei bambini ammette di prendersene davvero cura. Che è l’inequivocabile risposta alle promesse e ai giuramenti dei figli che vogliono convincere papà e mamma a fare il gran passo.

Faticoso ma terapeutico Insomma, genitori, acconsentite a prendere un cane in casa, ma non pensiate che le responsabilità saranno equamente divise. Prendete atto subito che la fatica sarà soprattutto vostra: voi a portare a passeggio Fido all’alba e al tramonto, a nutrirlo, spazzolarlo, lavarlo, lui a giocare e coccolare. Ma una volta accettato questo (e seguiti gli utili consigli di Simone a Missione cuccioli), è indubbio che starete tutti meglio.

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IL benessere animale


La normativa sui canili è in buona parte regionale e risente fortemente della sensibilità verso gli animali maturata dalla popolazione locale, in primis dai Sindaci e dalle ASL veterinarie: questo è uno dei motivi per cui si assiste in Italia ad una differenza spesso notevole tra regione e regione e tra comune e comune. Norme nazionali vengono recepite, e purtroppo spesso interpretate, in modo talmente diverso che osservando i canili e il modo con cui i cani vengono gestiti sembra di appartenere a diverse nazioni.

La normativa nazionale, a partire dalla Legge quadro 281/91 chiede da 20 anni  di realizzare canili che garantiscano "buone condizioni di vita" ai cani; alle Regioni spettava e spetta ancora oggi la definizione/aggiornamento dei requisiti strutturali e di tutte le norme per attuare l'obiettivo posto dalla Legge quadro e alle ASL veterinarie spetta la vigilanza sul benessere animale, sullo stato sanitario e le relative autorizzazioni ai canili. I Comuni dovrebbero a loro volta vigilare sullo stato dei propri cani, anzi in verità avrebbero dovuto progettare e realizzare canili comunali per la custodia dei propri cani in piena sinergia con le associazioni animaliste per aumentare il benessere animale al loro interno e per favorire la loro adozioni, mentre invece il 90% dei Comuni ha consegnato i cani a privati con propri canili dietro pagamento di una retta, spesso minima, giornaliera, "liberandosi" apparentemente del problema.

Alle ASL, alla Regione e a tutte le Istituzioni interessate spettava progettare e realizzare campagne incisive per evitare che il randagismo esplodesse: principalmente campagne e iniziative di promozione della sterilizzazione per i cani dei privati o semiliberi (con tutte le facilitazioni possibili!), di "educazione" della popolazione ad un miglior rapporto uomo-cane, di controllo e vigilanza accurata sull'apposizione dei microchip ai cani per evitare gli abbandoni e ritrovare i proprietari in caso di fuga.

c'è chi ha seguito per bene la Legge... tanto per fare un esempio, a Milano è stato realizzato un parco-canile di ottima qualità con circa 180 cani all'interno, con pochi requisiti di adottabilità e quindi rimasti all'interno del canile  e non adottati. Ciò significa che sono state attuate in questi 20 anni politiche attente sia per il contenimento del randagismo che per il benessere animale all'interno del canile che per la promozione di adozioni responsabili, esattamente come indicato dalla normativa nazionale.

In certi comuni troviamo al contrario canili-prigione con celle di grate e cemento con uno spazio nettamente minore rispetto ad altre regioni e perfino tra canile e canile, o comunque con uno spazio pro-capite irrisorio (in alcuni contesti nel Lazio lo spazio autorizzato è lo stesso che negli stabulari per la vivisezione dei cani secondo i parametri della 116/91), con poca protezione dal freddo, con  accesso nullo o rarissimo a cinodromi ... con evidente stress, talvolta con rischio di aggressioni reciproche e con condizioni di vita agli occhi di un animalista molto tristi...oltre che con scarsissime possibilità di essere adottati perfino per i cani con  caratteristiche di elevata adottabilità come taglia, età e carattere. Sembra che per "benessere animale" in alcuni contesti si intenda un fazzoletto di cemento, un tetto e un po' di croccantini...

Animalinsieme - Lazio


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"Stare con gli animali fa bene all'anima"
Gianfranco Nicora, direttore del Centro di Bioetica e Zooantropologia didattica , parla esplicitamente di teologia degli animali. «Ho notato che le attività assistite con piccoli animali sono considerate con indifferenza dagli ambienti ecclesiastici»


Stare con gli animali fa bene al morale, alla mente e quindi anche al corpo. Fa così bene che alcuni esperti e studiosi usano questo rapporto come terapia, conosciuta con il nome di «Pet therapy» . In provincia di Varese, Gianfranco Nicora, direttore del Centro di bioetica e zooantropologia didattica (dove si studia il rapporto animali-uomo), della Fondazione Aletti Beccalli Mosca di Castronno, è impegnato a diffondere questa pratica nei reparti ospedalieri di pediatria, nelle residenze socio assistenziali e nei centri per diversamente abili.
Nicora parla esplicitamente di «teologia degli animali», tema su cui ha scritto una tesi in bioetica, alla fine di un master condotto dala professoressa Luisella Battaglia all'università di Genova. «In questi ultimi anni - spiega lo studioso - ho notato che le attività assistite con piccoli animali a volte sono considerate con indifferenza dagli ambienti ecclesiastici . Ad esempio, recentemente sono andato in una casa di riposo, accompagnato dai miei due cani: Tobia e Belle. Ebbene, i cani non hanno potuto mettere zampa dentro il perimetro della struttura per anziani gestita da religiose».
Secondo lo studioso, questa "scarsa" considerazione è frutto della superficialità e anche dell'ignoranza.  «Parlando con la religiosa di quella casa di riposo - continua Nicora - ho scoperto che non concosceva l’esistenza di un Libro della Bibbia, che ha come protagonista Tobia e come compagni di viaggio un cane ed un angelo. Un grande affresco che descrive il viaggio come simbolo della vita, la parabola del nostro cammino sulla terra, durante il quale animali e angeli ci sono compagni».

La resistenza alla presenza degli animali nei luoghi di cura non è diffusa solo negli ambienti ecclesiastici ma è presente anche tra i laici. «A volte - conclude Nicora - anche gli stessi genitori dei piccoli pazienti ricoverati nei reparti di pediatria vedono con timore la presenza di animali o al più li considerano come giocattoli o peluche».

Nicora ha un'esperienza e un curriculum di lungo corso: è membro dell’Istituto italiano di bioetica animale e del Minding animals Italy (MA.it), discepolo e amico del teologo Paolo De Benedetti, docente di giudaismo e antico testamento in vari Atenei italiani. Attualmente è impegnato in una ricerca sui rapporti tra pet therapy e anziani e nella diffusione della Teologia degli animali (o ecoteologia ) soprattutto con ragazzi e adolescenti per i quali ha scritto due racconti: "L’Arca di Noè : un’astronave lanciata negli spazi siderali" e "Tobia, il cane e l’angelo"
Come membro del MA.it  è impegnato all’estero alle pre-conferenze in preparazione della Conferenza mondiale di Utrecht 2012.

Per chi volesse saperne di più http://www.istitutobioetica.org/global_bioethics/bioetica_animale/articoli/nicora_teologia.htm


13/09/2011
redazione@varesenews.it

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Buongiorno; mi chiamo Diego Manca e sono un veterinario scrittore.

Vi invio questa mail per segnalarvi il mio ultimo libro indirizzato ai bambini del 1° e 2° ciclo scolastico della scuola primaria dal titolo “Favolario: le favole del veterinario” edizioni BUK. E’ una raccolta di favole con protagonisti, ovviamente, gli animali che nella loro genuinità ci racconteranno esperienze e disavventure. Io cerco di stimolare il giovane lettore alla lettura e all’approfondimento di alcuni argomenti e curiosità incontrati leggendo le mie favole. Nel racconto “La Balena Floriana” si apprende che la balena è mammifero (e non un pesce),  che pesa normalmente 100 tonnellate,  affiora per respirare ogni ora circa;  in “Mimmo il ragno” i bambini  scopriranno che il ragno  ha 4 paia di zampe,  che la sua seta è la fibra naturale più forte che si conosca, più forte perfino di un filo di acciaio dello stesso diametro e che esistono tanti tipi diversi di  ragnatele:  a imbuto, a cupola, a tubo.  In “Wang, il panda allergico alle graminacee”  impareranno che  il panda,  che è comunque un orso, non va in letargo; la sua gravidanza dura circa 5 mesi e i piccoli nascono bianchi e così via … I miei racconti, nel gioco del narrare, trattano temi importanti come  la solidarietà, l’amicizia, il rispetto per gli esseri viventi e l’ambiente. E poi c’è sempre il paradosso, che in natura normalmente non fa sconti perché se una mosca come Tosca non riesce più a volare perché ha paura, o un ragno come Mimmo non è capace a tessere la ragnatela o una volpe come Felicina non è furba ma sciocca, normalmente la natura fa la sua selezione, determinando la loro fine. Nelle mie favole, invece i protagonisti animali si rimettono in gioco, si  riscattano e  riescono a inventarsi un nuovo modo di vivere,

 
 
 
 
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