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OSSIA COSA A VOLTE SUCCEDE A CHI STA IN GABBIA E A CHI SI ATTIVA IN SUO AIUTO
Fino al 1991, in materia di animali, l’Italia non dava una grande prova di civiltà. I randagi, i cani abbandonati, vaganti, accalappiati e portati in canile, se non venivano reclamati dai padroni, a breve venivano soppressi. Almeno così accadeva nei canili per vie ufficiali, mentre in parallelo, animalisti e volontari creavano rifugi di fortuna per accogliere i cani che loro, nonostante le grandi difficoltà, non avrebbero mai soppresso, a costo di mantenerli a proprie spese tutta la vita. La legge cambia e sembra dare uno spiraglio di civiltà. I cani accalappiati e finiti in canile non possono più essere soppressi, questo recita la legge Quadro in materia di animali d’affezione e prevenzione del randagismo 281/1991. Ai cani viene perciò garantito il bene primario, sacro a tutti gli esseri viventi: la vita. Incubo finito, si potrebbe pensare. E invece no. L’incubo peggiore deve ancora cominciare. La legge non solo vieta la soppressione, ma obbliga tutti i Comuni Italiani, dal paesino alla grande città, a scegliere tra due opzioni: creare un proprio rifugio per animali, dove ospitare i cani abbandonati ritrovati sul proprio territorio municipale, oppure sottoscrivere una convenzione con canili privati, ossia con strutture create ad hoc da veri e propri imprenditori del mestiere dove, a pagamento, ricoverare i cani accalappiati. E ciò ha, in alcuni casi, dato inizio a un vero "business senza regole" (vedi servizio "I bastardi stanno fuori" di Panorama).
Come funziona
Quando un Comune avvista un cane vagante sul proprio territorio, o riceve segnalazione dai cittadini, contatta il servizio Asl o i vigili locali e provvede all’accalappiamento dell’animale. Se il Comune ha una propria struttura, ossia un canile municipale, quello sarà il luogo di ricovero del cane. Diversamente, la destinazione sarà una struttura privata, un canile privato con cui il Comune ha in precedenza stipulato una convenzione. Convenzione che prevede una cifra giornaliera per il mantenimento dell’animale, pagata dal Comune.
Con che soldi?
I soldi usati per mantenere il cane presso il canile sono quelli dei cittadini, ossia soldi pubblici. Tutti gli italiani quindi contribuiscono, tra le altre cose, alla spesa di mantenimento per questi animali. Che sarebbe cosa buona, se ci fosse una garanzia di qualità di vita. Invece spesso le convenzioni si limitano a definire le cifre e le responsabilità, e non a stabilire criteri di benessere animale (oppure, ove siano stati concordati, non c'é nessuno a controllare che vengano rispettati), come ad esempio l’uscita giornaliera dei cani dai box. Moltissimi infatti SONO RECLUSI DA ANNI, ossia chiusi in una gabbia senza poter mai mettere una zampa fuori… e senza che nessuno lo imponga a chi li gestisce. E fino a quando un Comune, con i soldi dei propri cittadini, deve pagare? Le opzioni sono due: finché il cane muore, oppure, finché il cane viene adottato.
L’adozione…
Chi si occupa dell’adozione di questi cani? Spesso nessuno. Parte dei canili privati, a fronte di un guadagno giornaliero per ogni cane ospitato, non hanno alcun interesse (e in verità nessun dovere, purtroppo… la legge non prevede se ne debbano occupare!) a incentivarne l’adozione. Sono solo tenuti a non ostacolarla. E i Comuni? Spesso, sono assenti. Alcuni, grazie a un Sindaco o a una Giunta sensibili all’argomento, stipulano un accordo con Associazioni per la Protezione degli Animali, delegandole ad occuparsi del benessere dei propri cani e della loro adozione. Ma sono la netta minoranza… Qualcuno si limita ad appendere qualche locandina nella bacheca dei propri uffici, sperando che qualche volonteroso cittadino decida di adottare un cane che grava sulle spalle della comunità, altri se ne disinteressano totalmente. Finché non arriva qualche temerario animalista che comincia, a suon di volontariato, a “rompere le scatole”…
E quindi…
Il volontariato é spesso l’unica speranza per questi cani. Non solo di essere adottati, ma spesso salvati qualora, ad esempio, un volontario constati qualcosa che davvero non va e decida di segnalarlo a chi di dovere. Ma cosa fanno i volontari, entrando in queste strutture dove sono ospitati a volte centinaia di cani? Innanzitutto, dove gli viene concesso, il loro censimento. Maschi, femmine, giovani, anziani, adottabili o caratteriali… basarsi sulle schede del canile non sempre è possibile. Meglio rimboccarsi le maniche e mettersi al lavoro. Poi si provvede alla foto di ogni singolo animale e alla diffusione a mezzo stampa o internet di un appello per trovargli casa. Sempre che anche il semplice scatto di una foto non venga negato!
Tutto è bene quel che finisce bene…
Ingenuamente si potrebbe credere che, almeno per i fortunati richiesti in adozione, la trafila finisca qui. Invece i volontari spesso si trovano a dover combattere per rendere possibile l’adozione. Quante volte accade che, i volontari recatisi sul posto con gli adottanti per prelevare un cane, debbano perdere ore, e a volte inutilmente, per ottenere ciò che è di loro diritto: fare adottare un cane!!! Litigi, grida, o un semplice “no” all’ingresso: ecco cosa spesso blocca la felice adozione di questi animali, per cui la speranza di una vita dignitosa, in una nuova casa con una famiglia amorevole, svanisce… Nonostante le persone interessate si siano recate in canile nell’orario di apertura al pubblico.
Orario di apertura…
Le legge prevede che tutte le strutture, municipali o private, debbano GARANTIRE un orario di apertura al pubblico per la ricollocazione degli animali ospitati presso nuove famiglie. Ogni Legge Regionale stabilisce i termini per questi orari e a volte, come nel caso della Legge Regionale Lombardia che impone un’apertura minima di 4 giorni settimanali per 4 ore giornaliere, stabilisce anche che uno di questi giorni preposti debba cadere di sabato o di domenica, per venire incontro alle esigenze di chi, lavorando tutta la settimana, possa volersi recare in canile per adottare un cane nel week-end. E non solo, la legge obbliga le strutture ad esporre tali orari in bella vista, così che non ci siano, come dire, equivoci di sorta…
Ma il problema non si risolve.
Spesso no. Chi è in gabbia, è davvero IN GABBIA! E quando una persona interessata ad adottare un cane si reca in canile, magari senza essere accompagnato dai volontari, a volte trova una situazione veramente disincentivante.
Tutti giochini che oramai conosciamo...
“Il canile è chiuso”, “Stiamo dando da mangiare ai cani, non potete entrare”, “Tornate un’altra volta”, quando…? “un’altra volta…”, “quel cane è mordace”, “no, quello è vecchio, non le conviene, muore subito”, “le hanno detto che c’è un pastore tedesco qui? No, mai! Si saranno sbagliati!”, “no, noi non facciamo entrare, se vuole adottare un cane posso farglieli vedere su un catalogo”, “questa é casa mia, faccio quello che voglio!”… tutto ciò in orario di apertura!!!! Per non parlare dei regolamenti stilati ad hoc che limitano adozioni, accessi alla struttura, volontariato.
Cosa fare?
Intanto non arrendersi e, di fronte a un evidente irregolarità, chiamare chi di competenza e pretendere un intervento immediato. Ci sono delle leggi che va preteso vengano rispettate. Tra queste, le singole Leggi Regionali per la Lotta al randagismo e tutela degli animali d'affezione, che regolamentano gli orari obbligatori di apertura al pubblico per i privati e i volontari, la possibilità di espletare attività di volontariato per le associazioni riconosciute ( a cui si riconosce anche la possibilità d'intervento in orari supplementari), l'adozione degli animali detenuti presso le strutture municipali e private convenzionate, l'obbligo dei gestori e delle Asl competenti per territorio a curare animali malati e bisognosi di interventi veterinari. In particolare riguardo la presenza di volontari nelle strutture, la Legge Finanziaria 2008 ha decretato che: "I comuni, singoli o associati, e le comunità montane provvedono a gestire i canili e gattili sanitari direttamente o tramite convenzioni con le associazioni animaliste e zoofile o con soggetti privati che garantiscano la presenza nella struttura di volontari delle associazioni animaliste e zoofile preposti alla gestione delle adozioni e degli affidamenti dei cani e dei gatti". Nel caso in cui ricordare queste leggi non sia sufficiente, le forze dell'ordine devono non solo essere allertate, ma si deve pretendere un intervento immediato qualora, ad esempio, venga negata la possibilità d'ingresso in orario di apertura. Nel caso in cui venga negata senza motivo l'adozione di un cane, anche una segnalazione al Comune proprietario dell'animale può servire a smuovere le cose. Oltre che alla Asl competente per territorio, in quanto ricordiamo é l'ente preposto al controllo e al monitoraggio della condizione sanitaria all'interno dei canili, soprattutto in caso si riscontri scarsa igiene all'interno di una struttura o condizioni di salute critiche degli animali ospitati. Chi invece, dopo aver adottato un cane in un canile, dovesse riscontrare problemi di salute dell'animale riconducibili alla sua detenzione nella struttura (ferite, morsi, malattie non curate, ecc...) é bene provveda subito a una visita veterinaria richiedendo l'emissione di un referto, che andrà poi sottoposto all'attenzione dell'Asl competente per territorio.
Come Associazione ci attiviamo perché riteniamo che:
- UN CANE DEL CANILE NON POSSA VIVERE TUTTA LA VITA DIETRO LE SBARRE DI UNA GABBIA SENZA AVERE ALMENO LA POSSIBILITA ’ DI USCITE GIORNALIERE O COMUNQUE FREQUENTI, CHE GLI PERMETTANO DI CORRERE, SVAGARSI, EVITANDO COSI’ IL SOPRAGGIUNGERE DI EPISODI DI AGGRESSIVITA’ O AL CONTRARIO DI DEPRESSIONE, DOVUTI A UNA LUNGA RECLUSIONE FORZATA;
- UN CANE DEL CANILE ABBIA IL DIRITTO DI ESSERE ADOTTATO, E PER QUESTO, INCENTIVATO PER L’ADOZIONE, VISTO E SCELTO ALL’INTERNO DELLA STRUTTURA CHE LO OSPITA;
- UN CANE DEL CANILE ABBIA IL DIRITTO DI ESSERE CURATO IN CASO DI MALATTIA O DI FERITE;
- UN CANE DEL CANILE ABBIA IL DIRITTO DI ESSERE TUTELATO E DI AVERE LA GARANZIA PER LA SUA INCOLUMITA’ ALL’INTERNO DELLE STRUTTURE, ATTRAVERSO UNA SAPIENTE SCELTA DEGLI ABBINAMENTI ALL’INTERNO DEL BOX CHE DEVONO EVITARE LA CONVIVENZA DI CANI DOMINANTI O INCOMPATIBILI CARATTERIALMENTE, SENZA CHE UNO DI LORO DEBBA SOCCOMBERE ALL’ALTRO;
- CHE UN CANE DEL CANILE ABBIA IL DIRITTO DI VIVERE IN LUOGHI IDONEI E IGIENICI ED ESSERE ALIMENTATO IN MODO ADEGUATO.